Cinque anni di lavoro, 60 ricercatori giunti da sette Paesi con l’Italia rappresentata dall’Università di Bologna e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr): stiamo parlando della ricerca pubblicata sulla rivista Nature Genetics dal gruppo internazionale guidato da Luigi Cattivelli del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Economia Agraria (Crea) che l’ha anche finanziata. Il risultato? È pronta la mappa genetica del grano duro, in poche parole il Dna della pasta.
“Il frumento duro è una pianta tipica dell’area mediterranea, una regione che subisce un grande impatto da parte dei cambiamenti climatici” – ha spiegato Cattivelli – “Se le temperature aumentano, c’è meno acqua e ci sono malattie diverse rispetto al passato, e quindi non è più pensabile coltivare le piante selezionate 100 anni fa. Se vogliamo continuare a coltivare frumento duro dobbiamo ottenere le piante adatte al clima di domani”.
La scoperta rappresenta la chiave per ottenere il frumento del futuro: resistente alla siccità, con rese più elevate e migliore qualità nutrizionale.
Il gruppo di studio ha analizzato in particolare il genoma della varietà di frumento Svevo e la sua mappa genetica ha permesso anche di ricostruire tutto l’albero genealogico del grano duro. Questa pianta, da cui si ottiene la semola da cui si produce la pasta, si è evoluta dal farro circa 3.000-4.000 anni fa e “il miglioramento genetico moderno, con incroci e selezioni, ha portato al grano duro coltivato oggi. Questi passaggi hanno lasciato tracce nel Dna e noi le abbiamo identificate” commenta Cattivelli.
Per Aldo Ceriotti del Cnr, l’analisi genomica del grano duro “consente di comprendere meglio i fattori che controllano le proprietà nutrizionali della semola, contribuendo a migliorare la qualità della pasta”.