Si fa presto a dire pasta, ma quanti sono i formati in cui si declina nel piatto? Tanti almeno quanti i condimenti, le salse e naturalmente i gusti degli italiani. Da nord a sud Italia le varietà, le tradizioni e gli ingredienti che si abbinano ai formati di pasta sono tantissimi e tutti da assaggiare. Vediamo assieme quali sono i più popolari e qualche curiosità della filiera produttiva e come arriva nel piatto.
Un viaggio tra la pasta. È tempo di vacanza: agosto è il mese prediletto in cui la maggior parte degli italiani si regala un po’ di meritate ferie e magari un viaggio rigenerante. Siete mai passati nei dintorni di un pastificio? Magari nell’area di produzione della pasta per antonomasia, ovvero la zona di Gragnano. Avete mai pensato a come si fa la pasta? Tecnicamente il suo processo di produzione è la trasformazione di una massa senza coesione in un impasto omogeneo caratterizzato da una forma propria (pasta fresca) che può essere stabilizzato con l’essiccamento (pasta secca). Si parte dal controllo qualità del prodotto, segue la setacciatura per rimuovere eventuali corpi estranei, poi una fase di dosaggio della semola per arrivare alla pre-miscelazione, ovvero l’aggiunta nell’impastatrice della prima parte di acqua che entra a contatto con la semola. Segue la fase definita “impasto principale”, in cui viene inserita la restante parte di acqua. La massa che si era formata in precedenza era umida, ma farinosa e poco compatta, perché l’idratazione era piuttosto bassa. La fase successiva, nota come gramolatura, è importante perché rende l’impasto omogeneo ed elastico: questo è il risultato della lavorazione meccanica (impastatrice) e dell’interazione tra acqua e proteine della semola che determina la formazione di una rete estesa di legami, chiamata maglia o rete glutinica. Questa “impalcatura flessibile” proteica, insolubile in acqua, all’interno dell’impasto ha un ruolo molto importante per il formato della pasta.
Trafila e formati, lunga o corta? Esistono almeno trecento formati differenti di pasta che vengono consumati in Italia, classificabili in paste secche e fresche (piene o bucate), corte, fini, lisce, rigate. Le innumerevoli varietà di pasta si distinguono infatti per tipologia di impasto, formato, superficie e per l’eventuale presenza del ripieno. Al nord generalmente si preferiscono i fusilli, al centro Italia le mezze maniche, mentre a sud la pasta fresca ripiena o in brodo. Una varietà che testimonia l’immensa ricchezza del patrimonio culinario italiano, in grado di coniugare storia e innovazione, tradizione e creatività di uno dei prodotti più amati ed apprezzati al mondo. La forma non è solo frutto della fantasia, i diversi formati sono una questione di gusto e la scelta è legata anche alla consistenza e al condimento con il quale si dovrà sposare.
L’abbinamento perfetto. Seppur con la medesima quantità di semola e acqua, ciascun formato di pasta è assai differente dall’altro per tempo di cottura, consistenza e gusto. Un ruolo decisivo nella scelta lo gioca la texture: ci sono vere e proprie fazioni, c’è a chi piace liscia e a chi rigata. Ogni formato di pasta ha un proprio tempo di cottura. Quello che forse è meno ovvio è che anche il sapore e palatabilità variano, ancor di più se cambia il metodo in cucina: semplicemente condita a crudo dopo la cottura, mantecata nella padella oppure risottata. I gusti sono indiscutibilmente soggettivi, ma possiamo attestarci su qualche corretta regola di base – come raccomanda anche AIDEPI – che fa riferimento a quattro precisi parametri: la trafila, il formato, la capacità di contenere sughi e l’intensità al palato. Una pasta liscia dal colore giallo è il prodotto della trafila in teflon, mentre da quelle in bronzo risulta più chiara e ruvida. All’assaggio, la pasta trafilata al bronzo risulta più omogenea mentre quella trafilata al teflon ha il cuore più croccante. Formati di pasta gentili si accompagnano a sughi leggeri, pomodoro fresco ed ortaggi, mentre formati più strutturati o più grandi richiamano sughi corposi. La superficie porosa o rigata è adatta per sughi meno tirati, mentre la texture liscia meglio si adatta a sughi più “avvolgenti”.